DEPECHE MODE - PLAYING THE ANGEL
Depeche Mode - Playing The Angel (Virgin)
Calmi, non sarà la solita recensione buonista nei confronti del gruppo del momento. Anzi, dimenticatevi gli applausi, le ola, le medaglie o le infiorettate dei media. E' bene dirlo subito, i Depeche Mode godono oggi di un successo riflesso che li porta persino sotto la doccia con i fan, ora che le loro canzoni sono quello di più cool (leggi fico) che sulla strada dell'elettronica si può consigliare. Ma se volete evitare le fanfare e andare a cercare, c'è tutto un suono dietro le dodici canzoni di "Playing The Angel" che potrebbe stupirvi (atmosfere cupe e appeal decadente) e farvi apprezzare questa band - il blues claustrofobico di "John the Revelator", le tastiere cariche di pathos di "The Sinner in Me", l'emotività sottile di "Damaged People". Dieci anni fa era la regola per chi si identificava con quel feeling, che voleva dire anche seguire un determinato pensiero o vestirsi in un tal modo. Oggi è solo moda, ed è vero che i tre cavalieri di Basildon hanno messo su pancia e trovato compomessi per i loro interessi prima di pensare alla musica. Ma sono anche rimasti maestri di un sound e di un'immagine. E nessuno sa suonare come loro, se non i Depeche Mode. "Playing The Angel" sarà anche un album privo di canzoni trampolino, ma è un disco che vale da esempio per buona parte della scena elettronica alternativa, segnando con l'eleganza dei suoi autori e molto probabilmente dettando uno stile per i mesi a venire. Se volete provare, ascoltate da Marilyn Manson ai Radiohead e diteci da dove arrivano certi suoni. Poi, dopo che avrete messo da parte i pregiudizi, godetevi questo disco.
Voto (***)
(m.l.)
(13 dicembre 2005)
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