Le frequenze che ci fanno stare bene

festivalbar March 12, 2019
Le frequenze che ci fanno stare bene

I suoni che ci circondano influenzano i nostri stati d’animo e la neuroacustica si occupa proprio dell’azione del suono sul cervello e sull’organismo.
Pare infatti che determinate frequenze siano in grado di stimolare i nostri organi, portando benefici al corpo e mente, così come altre vanno a migliorare, per esempio, la qualità del sonno.

Già nell’antichità il suono veniva utilizzato come metodo di guarigione. Gli sciamani, suonando il tamburo e cantando, entravano in risonanza con il paziente, individuando la frequenza di cui aveva bisogno.
Secondo alcune teorie, esisterebbe anche una frequenza dell’amore, individuata a 528 Hz, in grado di riconnetterci con l’universo e di offrirci una sensazione di pace.

Un dibattito piuttosto acceso in rete riguarda poi l’intonazione degli strumenti.
L’intonazione standard è fissata oggi a 442 Hz, ciò significa che il La3 del pianoforte emetterà 442 vibrazioni al secondo. Per molto tempo è stato utilizzato il La3 440 Hz, nonostante nel corso della storia alcuni nomi illustri avrebbero voluto adottare l’accordatura a 432 Hz.

Tra questi, Giuseppe Verdi fu un acceso sostenitore della 432 mentre oggi, a essersi pronunciato a favore di questa intonazione, è stato Stefano Bollani, secondo il quale si tratterebbe di frequenze che si ritrovano in natura e che, pertanto, risuonerebbero armonicamente anche con il nostro organismo. Motivo per cui in casa Bollani c’è un pianoforte accordato proprio a 432 Hz.

Il compositore trattò la questione di un ritorno a 432 Hz nel suo libro “Il monello, il guru, l’alchimista e altre storie di musicisti” e lo fece in maniera giocosa, riportando l’intervista alla pianista Belinda (in realtà, neintemeno che un suo alter ego), secondo la quale: “usare frequenze che diano benessere agli esseri umani può sembrare un motivo futile, dal punto di vista di chi li odia. A me gli esseri umani stanno ancora simpatici”.
La misteriosa Belinda aggiunge, però, che “non basta tornare tutti a 432 hertz. Bisogna tornare a raccontarsi. A me piace farlo in questo modo, accordando i miei strumenti come faceva Händel. So che le loro vibrazioni mi fanno bene. E, a quanto pare, fanno bene anche al mio pubblico”.

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